Total Pageviews

Powered by Blogger.

About Me

La mia foto
Mi chiamo Martina. Sono oggettivamente piena di speranze. In cosa, non si sa. Poco in me stessa, molto nel futuro, troppo nel passato. Ho vissuto sei anni a Torino. Scuola Holden, poi giornalista per il quotidiano La Stampa. Attualmente sono tornata ad Arezzo, dopo sei mesi di densissima vita a Bologna. Ancora devo capire perché.

Disclaimer

  • Le foto su questo blog sono state recuperate da Pinterest e dal web. Nel caso conosceste i nomi dei fotografi, ditemelo. Sarà cosa gradita. Chiaramente i testi sono miei. Chi oserà rubarli / plagiarli / copiarli avrà l'immediata caduta delle dita delle mani, dei piedi, dei capelli e anche un po' di malocchio. Giusto per avvertire.

Contact

Nome

Email *

Messaggio *

domenica 17 giugno 2012





Caldo significa giugno.
Giugno significa matrimoni.
Matrimoni significa bouquet.
Bouquet significa una schiera di pazze isteriche che fanno finta di niente ma che si ucciderebbero pur di prenderlo al volo.

“Oddio no, figuriamoci, io sto in ultima fila, mica lo voglio”
“Non ho bisogno del mazzolino per sapere che presto il mio tesoruccio mi sposerà”
“È solo un gioco, non m’interessa se non sarò io quella a ricevere il bouquet”

E intanto calibrano, studiano, osservano, valutano la possibile gittata dei fiori. Finte si guardano tra loro, tra risatine stridule e tacchi dodici frementi. 
C’è chi sta ferma in un angolo. 
Chi in prima fila, sperando in un lancio debole. 
Chi quasi in fondo, andando avanti e indietro per parlare con le altre pretendenti.

Mi sono sentita Bukowski.
No, non scherzo. Chiaramente vestita meglio, profumata e meno unta di lui; però con la stessa misoginia intrinseca e nemmeno troppo nascosta. C’è da vergognarsi di appartenere alla loro stessa categoria quando si vedono dieci, quindici donzelle tendenzialmente intelligenti e belle incarognirsi come belve per afferrare al volo un po’ di fiori. Con la convinzione di potersi così sposare entro l’anno.

Il buffo è che quelle ragazze sono le stesse che, fino al giorno prima, inveivano contro il matrimonio. Costa troppo! C’è crisi! Non serve sposarsi per essere felici! Viva la convivenza! Che antiquati quelli che si sposano!
E poi schiumano come cani rabbiosi all’idea di perdere il lancio del bouquet.

Badate bene. Io non ho mai negato di volermi sposare. Anzi.
Lasciando perdere il periodo 14-21 anni, ovviamente. Lì ogni cosa che non fosse nera, triste, deprimente, con la parola SOFFERENZA o PATIMENTO impressa sopra non la volevo. Gli anni dark, che meraviglia. Non che ora sia cambiato molto, almeno dal punto di vista dei sentimenti masochistici. Però ecco, facciamo finta di sì.

Mi voglio sposare, fare figli, farmi una casa e tutte quelle belle cose là. Ho una cartella sul computer che è piena zeppa di foto di lustrini, veli, bomboniere, allestimenti di tavoli, fiori, strascichi, bandierine, addobbi e anelli. Una patologica wedding planner in erba. 
Però senza materia prima non è che si possa fare molto. Potrei sposare me stessa, ma già convivo con la mia essenza da 27 anni, direi che va bene così.
Si attende il principe azzurro, insomma. O qualcosa che lontanamente gli somigli. Lontanamente, eh.
Quindi il bouquet lo lascio alle altre. 
È ben più divertente osservare il tutto da fuori.

Io sotto al gazebo, bevendo bicchierini di prosecco che sembrano innocui, ma al quinto iniziano a rallentare la lingua e i movimenti.
Il lancio l’ho visto quando il bouquet è atterrato. 
A trenta centimetri da me. 
È stato lì, congelato e solo, per dei secondi lunghissimi. Il tempo pareva essersi fermato. Era bello, bianco, puro, docile. Apparentemente.
Poi si è scatenato l’inferno. Imbarazzi e illazioni. Scelte di parte e vociare nevrotico.
Disquisizione su chi l'avesse toccato. 

“Guarda che ha beccato me sulla spalla prima di finire a terra”
“In realtà io l’ho sfiorato per ultima”
“Lo deve prendere quella più vicina a dove è caduto”

Alla fine la più furba s’è avvicinata e, semplicemente, l’ha raccolto. Tra le silenziose ingiurie e gli auguri di morte da parte delle altre pretendenti. 

Io, nel mentre, sono andata a riempirmi di nuovo il bicchiere.
Le uniche cose che ho preso sono state due: il tappo dello spumante addosso e una sbronza colossale.

Prosit!



2 commenti:

  1. Un post agrodolce. Ne ho sentito i profumi, rivissuto le sensazioni, visto i colori. Davvero incantevole!
    Giorgia

    RispondiElimina
  2. Ma grazie!
    In realtà avresti dovuto sentire soprattutto il prosecco arrivare fin nel naso, ma va benone anche vedersi il bouquet abbandonato per terra. M'ha fatto quasi tenerezza...

    RispondiElimina