Total Pageviews

Powered by Blogger.

About Me

La mia foto
Mi chiamo Martina. Sono oggettivamente piena di speranze. In cosa, non si sa. Poco in me stessa, molto nel futuro, troppo nel passato. Ho vissuto sei anni a Torino. Scuola Holden, poi giornalista per il quotidiano La Stampa. Attualmente sono tornata ad Arezzo, dopo sei mesi di densissima vita a Bologna. Ancora devo capire perché.

Disclaimer

  • Le foto su questo blog sono state recuperate da Pinterest e dal web. Nel caso conosceste i nomi dei fotografi, ditemelo. Sarà cosa gradita. Chiaramente i testi sono miei. Chi oserà rubarli / plagiarli / copiarli avrà l'immediata caduta delle dita delle mani, dei piedi, dei capelli e anche un po' di malocchio. Giusto per avvertire.

Contact

Nome

Email *

Messaggio *

mercoledì 13 giugno 2012





Diciamola tutta. 
Spesso e volentieri si tenta di fare qualsiasi cosa per smuoversi, per migliorarsi, per progredire, ma indiscutibilmente si rimane immobili. 
Mosche contro la luce al neon. Capocciate al muro.
Nel senso.

Io ho cambiato tre città. Svariate case. Numerosi lavori (?). Innominabili fidanzati. Parecchi tagli di capelli. Tanti sorrisi con tante lacrime. Il tutto nella convinzione di avvicinarmi sempre di più a un ordine di vita. Una linearità d’intenti, un amalgama di desideri e realtà, un insieme pastoso ed armonioso.

Col cazzo.


No, ma che poi ho appena acceso la televisione. BeautifulKinderDeliceCentovetrineZanzareMariadeFilippiWindParodi. 
M’è venuto il dubbio di essere già all’inferno. 
Però, poi, anche questo mi serve per capire che tutto quello che ho sempre pensato voluto immaginato sognato illuso (illuso, sì, la riflessività è un concetto opinabile) è altro. 

Mi ritrovo a ventisette anni. Cresciuta con tutti quei film e quei libri che ti hanno convinto che, prima o poi, la casa e la famiglia del Mulino Bianco saranno le tue. Che avrai il lavoro figo e la persona giusta accanto. La perfetta forma fisica, il perfetto sorriso bianco da regalare come caramelle in giro. 
Cresciuta con la perfetta convinzione di essere formata. Di avere una certa cultura, una certa dignità. Una posizione, una forma mentis brillante e corretta. Di essere una persona stimabile. Amabile. Più del vino.
Ecco, qui c’è una falla. Non perché si debba amare il vino più di me (dipende dal vino, ecco almeno non paragonatemi a un rosso del Todis, andate su qualcosa di più particolare, un fugato siciliano, un fremente francese, insomma). 
Ma perché, calandomi nella gente, tra la gente ci si accorge sempre che tutto quello che si crede è davvero relativo.

Hai scoperto l’acqua calda, brava cogliona.
No, non ho scoperto l’acqua calda né cose che già non sapessi. Solo che sto andando a un altro livello di ragionamento. Stronzi. 

È che è sempre questione di fiducia. Di correttezza, di onestà. Di forza, se vogliamo.
La forza di mostrarsi. Di-mostrarsi. Senza pretendere di essere altro.
Discorso banalissimo e qualunquista, ma se ci pensate bene, ecco, ci si dimentica sempre. Affannati come siamo da far vedere agli altri di cosa si è capaci, si perde di vista il punto focale. 
Essere. Se stessi. 
Nel proprio delirio e nelle proprie mancanze. Nelle proprie lacune, in tutto quello che non si potrà proprio avere, e in tutto quello che ancora deve arrivare. Senza aver paura. Dato che la paura somiglia un po’ alla storia di Giovannino. 
http://www.webalice.it/claudio.conti8/favole14.htm


Oggi mi è difficile. Dico, essere poco retorica. Ma c’ho rimuginato tutta la notte e tutta la mattina, tra braccia incastrate male, mani addormentate, piedi avvinghiati almeno quanto i pensieri, curricula consegnati a casaccio, risposte ricevute altrettanto a casaccio. 

C’ho pensato, e ho capito che farsi venire il fiatone per correre dietro a chi non gliene frega un cazzo è utile come voler convincere un toscano a diventare vegetariano.
Badate bene: non sto dicendo di non insistere. Di mollare la presa, di rassegnarsi allo svolgersi degli eventi. Al contrario. Sto dicendo di smetterla di essere quello che gli altri vorrebbero che tu fossi.
Essere un po’ meno fichi. E più onesti.

Non si è ancora finito di studiare? Pazienza, hai fatto altro nel mentre. 
Non hai un cristo di lavoro degno, per quanto tu possa avere il potenziale? Continua a cercare.
Non hai ancora una casa tua, un uomo tuo, un progetto serio da perseguire, uno sguardo sicuro con cui osservare il mondo? Meglio, altrimenti sai che noia.

Facciamo finta che sia così. 

Nel mentre, continuo a demolire e costruire me stessa. 
Tentativi svariati, prima o poi s’imbroccherà quello giusto.
Il problema è che più per meno fa meno. La risultante è sempre negativa.
Matematica del cazzo.





Categories: ,

0 commenti:

Posta un commento