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Mi chiamo Martina. Sono oggettivamente piena di speranze. In cosa, non si sa. Poco in me stessa, molto nel futuro, troppo nel passato. Ho vissuto sei anni a Torino. Scuola Holden, poi giornalista per il quotidiano La Stampa. Attualmente sono tornata ad Arezzo, dopo sei mesi di densissima vita a Bologna. Ancora devo capire perché.

Disclaimer

  • Le foto su questo blog sono state recuperate da Pinterest e dal web. Nel caso conosceste i nomi dei fotografi, ditemelo. Sarà cosa gradita. Chiaramente i testi sono miei. Chi oserà rubarli / plagiarli / copiarli avrà l'immediata caduta delle dita delle mani, dei piedi, dei capelli e anche un po' di malocchio. Giusto per avvertire.

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mercoledì 18 dicembre 2013




Ci sono dei periodi specifici dell'anno in cui temi di dover salutare la gente.
Ma non per maleducazione o per colpa di un'improvvisa misantropia, no, qui il motivo è ben più semplice: si teme forse più della peste la fatidica domanda “cosa fai a capodanno?”

Quesito che subito mi riporta alla gioventù quando i parenti, durante certi interminabili pranzi domenicali, esordivano con la famosa triade del male
comevalascuola/dovevaiinvacanza/trovatoilfidanzato.
La reazione spontanea sarebbe stata quella di alzarsi, rovesciare loro addosso la tavola imbandita partendo dalla zuppiera con i tortellini e, serenamente, rimettersi a sedere. Ma, non potendolo fare a causa di un'inutile convenzione sociale, ero costretta a stiracchiare un sorriso e abbozzare una risposta vaga e dispersiva. Una supercazzola, insomma.

Adesso però, che quelle domande sono state abbandonate per la noia di sentirsi rispondere monosillabi, le persone non fanno altro che aspettare dicembre per chiederti cosa farai il 31.
Ora, voglio dire. A nessuno interessa mai cosa faccio la sera; perché mi chiedo, perché d'improvviso l'intera umanità pare vogliosa di scoprire dove andrò l'ultimo dell'anno?

Le risposte che puoi fornire, poi, sono sempre le stesse, da almeno 15 anni.

“Mah, guarda, il 31 è una serata come tante altre, preferisco non fare niente e andare a letto presto”
(Ovviamente sarà colui che, alle 8 del mattino del 1, verrà ritrovato nudo svenuto nel proprio vomito in qualche angolo di strada)

“Ho organizzato una festa in questo locale, sarà bellissimo, ci sono anche i nostri vecchi compagni delle elementari e pensa, a mezzanotte scatterà il trenino! Vieni? L'ingresso costerà solo 80€ senza drink”
(Inutile dirlo, il locale in questione chiuderà alle 23 per assenza di clientela)

“Sono mesi che ho già preparato tutto, vado con il mio fidanzato all'estero proprio per fare il capodanno in una grande capitale europea, non abbiamo nemmeno speso molto, l'importante è prenotare in tempo”
(Salvo la cancellazione il giorno prima del volo, o l'ovvia separazione dalla dolce metà per tradimenti e amenità simili)

“Voglio fare qualcosa di tranquillo, pensavo a una cena a casa e poi dopo mezzanotte andare in qualche locale a fare due salti”
(Chi metterà a disposizione la casa, è chiaro, non riuscirà mai a uscire: a mezzanotte gli ospiti scoppieranno petardi sotto il tavolo, qualcuno vomiterà dal balcone, altri si tireranno le lenticchie e altri ancora bruceranno il pelo del cane con le bacchettine che fanno le scintille)

“Vado in piazza con gli amici, poca spesa molta resa, vuoi mettere?”
(Saranno l'unico gruppo di giovani in mezzo a bambini col viso truccato da farfalla, genitori depressi impegnati ad abbuffarsi di panettone e settantenni concentrati a ballare il liscio)

“Ah, io lavorerò come cameriere, sono soldi facili, pagano molto per poche ore”
(Le ultime parole famose: 50€ al nero per 12 ore ininterrotte di schiavismo sono forse un po' pochini)

“Bah, decido all'ultimo, tanto qualcosa da fare si trova sempre”
(Traduzione: il 31 sera mi ritroverò solo a casa, sotto le coperte a guardare Frizzi in tivù che festeggia con mummie riportate in vita)

Io?
Io non mi preoccupo: a capodanno, con la sfiga che mi pervade, minimo minimo avrò la febbre.