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About Me

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Mi chiamo Martina. Sono oggettivamente piena di speranze. In cosa, non si sa. Poco in me stessa, molto nel futuro, troppo nel passato. Ho vissuto sei anni a Torino. Scuola Holden, poi giornalista per il quotidiano La Stampa. Attualmente sono tornata ad Arezzo, dopo sei mesi di densissima vita a Bologna. Ancora devo capire perché.

Disclaimer

  • Le foto su questo blog sono state recuperate da Pinterest e dal web. Nel caso conosceste i nomi dei fotografi, ditemelo. Sarà cosa gradita. Chiaramente i testi sono miei. Chi oserà rubarli / plagiarli / copiarli avrà l'immediata caduta delle dita delle mani, dei piedi, dei capelli e anche un po' di malocchio. Giusto per avvertire.

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venerdì 25 gennaio 2013




Tu, dopo il periodo natalizio, pensi di aver superato la fase drammatica delle feste, delle brutture del centro, dell'affanno per i regali, dell'atmosfera gioiosa a tutti i costi nemmeno avessero spruzzato della droga nell'aria. Pensi di poterti finalmente rilassare, di poter tirare un bel sospiro di sollievo e dire "oh, anche quest'anno ce l'ho fatta".
E invece no.

Sei sopravvissuto alla bolgia infernale dei centauri metà madre metá passeggino, che dal niente ti azzannano le caviglie con le ruote gommate dei loro ordigni. Hai vinto le ragazzine col profumo della Barbie che si spostano, facendo muro, in gruppi di almeno otto-dieci esemplari. Hai sconfitto le famiglie, i parenti, gli amici che ti elemosinavano consigli e ansie da "oddio cosa gli regalo". 
Ma, più di tutto, hai superato i babbi natale appesi alla finestra che sembrano ladri o persone impiccate a seconda della prospertiva. 
E sei ancora vivo nonostante le orride vetrine natalizie! Quelle in cui i manichini di Intimissimi hanno le palle dell'albero al posto delle tette e le mutande con le renne. Quelle dove il polistirolo è considerato la nuova ecologicissima neve finta, e le canzoni che un tempo erano prettamente religiose adesso sono jingle da tenere inchiodate nello stereo 18 ore consecutive. 

Dicevo, pensi di aver superato il momento difficile. Scordatelo! Perchè c'è la Befana. E le vetrine cambiano, non di molto ma cambiano: adesso ovunque trovi distese di chupa chups, vecchie bambole inguardabili che quasi vorresti fare gli scongiuri per evitare la sfiga, bambini che corrono appiccicandoti al cappotto ragnatele di zucchero filato e, ovunque, un odore di dolci e cioccolata che ingrassi al solo respirare. 
Ma, forte delle sfide, superi anche quest'ardua prova. Reggi il colpo, ti prepari la minestrina mentre tutti intorno a te infarciscono calze, calzini, calzettoni. Stringi i denti e preghi che il sette gennaio arrivi in fretta. 

Poi arriva. Pensi così di aver ormai superato la china e poter vedere davanti a te mesi sereni, ma NEIN!
Ci sono i SALDI. Ovvero, quando tutti i negozianti tirano fuori dai magazzini i vestiti in rimanenza dall'89 e, attaccandoci sopra il cartellino -50%, credono di sbancare. 
Certo, spesso ci riescono. Per lo meno ci riescono con me, esemplare della specie "se c'è uno sconto, allora è un affare". Ho ovviato al problema mani bucate recandomi in centro, durante i saldi, solo una volta. E con un budget limitatissimo. 

Comunque. 
Arrivi finalmente a fine gennaio e, dopo un mese e mezzo di supplizi, ti dichiari un sopravvissuto. 
Stai per rilassarti e metterti compdo quando, da un angolo di strada, intravedi l'orrore: I CUORICINI ROSSI.

Ebbene sì. Ti hanno gabbato, per l'ennesima volta. È quasi febbraio. E febbraio significa San Valentino. Ovvero amore, tenerezza, coccole, vacanze di coppia, cene fuori, parole melense e dimostrazioni di amore imperituro. 
Tradotto: le persone innamorate hanno il dovere morale di schiaffarti in faccia la loro felicità. 

- "No guarda, io san valentino lo odio, ma che fai, è il primo anno che stiamo insieme, andiamo solo a cena fuori! Tu stai a casa?"
- "Ah davvero, San Valentino? Nemmeno me lo ricordavo. No, no, figurati se ci facciamo il regalo. Però se non mi compra l'anello, giuro che lo lascio"
- "Ma lo sai che se il giorno di San Valentino vai in un museo in coppia, entrambi entrate gratis? Te sicura di non aver nessuno con cui andarci?"
Eccetera, eccetera. 

I negozi sono impraticabili, anche andare a fare la spesa diventa deprimente: ovunque vi sono orsetti con gli occhioni dolci, baci perugina a cadere, smartbox per due e cuscini con su scritto ti amo. Anche il panettiere diventa un nemico: no, non la voglio la pagnotta a forma di cuore!!
Io dico. Va bene amarsi. Va bene anche fare effusioni in pubblico, andare a cena fuori, camminare mano nella mano. Ma come ci sono le spiagge per i nudisti, non potrebbero fare anche le riserve per gli innamorati fastidiosi e chi promuove l'esaltazione della felicità in due?
Vi prego, liberateci da questa piaga. Il mondo non deve essere SOLO a misura delle coppie. 
Tutelatemi, tutelateci! O quest'anno perirò.




lunedì 21 gennaio 2013





Huno sconsiderato amore barra dipendenza barra compulsione nei confronti della tecnologia, lo sapete bene. Rischio di poter stare attaccata al computer anche sei ore di fila, dimenticando le funzioni vitali e le necessità primarie: mangiare, bere, fare la pipì, sbattere gli occhi. Rischiando il distacco della retina, le vertigini e il vomito da inutilità personale quotidiana. Certo, me le cerco: a stento al mattino apro gli occhi che già ho in mano il telefono. Controllino veloce, già da prima di dare alle sinapsi il tempo di svegliarsi, a postafacebookwhatsapp. 
Poi giornali online, Kindle sul comò (quando perderò del tutto l’abitudine a leggere e sfogliare libri, vi prego, VI PREGO, uccidetemi), computer che accendo prima ancora di andare a lavarmi il viso. Ecco. Da qui inizia il baratro. Il baratro del “ma come cazzo ho fatto a stare 6 ore davanti al computer senza fare niente”. Bbbrr, rabbrividiamo, questi sono i veri misteri da proporre a Voyager, altro che gli alieni. Non scherziamo.Comunque il punto non è questo. Cioè, sì, è questo, ma c’è di più. 

LA LOCALIZZAZIONE.


Ecco, io ho accettato anche l’orario di invio e di lettura nella chat di Facebook, ormai è chiaro che la privacy è un accessorio di cui la gente non se ne fa di un cazzo. Sicuramente Zuckerberg l’ha inserito per evitare l’enorme fatica di dover digitare le lettere “guarda, ho letto ciò che mi hai scritto, ma ho più cura di un pomodoro spiaccicato sull’asfalto che di te, quindi ciao”, ma ha anche costretto le persone a trovare nuove strategie per rendersi fintamente offline per alcuni. Insomma, cosa non si fa pur di non dover dare spiegazioni.Però, dicevo. Il vero dramma ha un altro nome, minaccioso al solo pronunciarlo: la localizzazione. Il suo significato è: “hai uno smartphone? Tranquillo. Saprò dire al mondo dove sei e rovinarti qualsiasi piano segreto”. Ecco.


Ma tu metti che uno abbia l’amante. O, semplicemente, che voglia fare una sopresa. O anche solo farsi gli affari suoi e andare dove preferisce, senza necessità impellente di comunicarlo via web. No, non si può. Perchè sei sei rincoglionito come me che dimentico spesso di disattivare questa cazzo di localizzazione, cadi in fallo. È un po’ come passeggiare tra i leoni, capisci, la minima mossa falsa e ZAC, sei fatto a brandelli, mangiato, ruttato e digerito. Burp.E quindi devi essere pronto alle spiegazioni. Alle giustificazioni, alla mistificazione di qualsiasi eventuale ideologia. Perchè non è che devi modificare deliberatamente la realtà: devi comprovarla. Addurre prove e indizi credibili e sperare in qualche divinità superiore. E arrivi a sentirti in colpa, a pensare di essere nel torto, a chiederti perché hai scritto quel commento o sei stato taggato in quello status, a razionalizzare le paure, a condannare l'impulsività e la mancanza di coraggio, fino ovviamente a maledirti e a sentirti orribile e spregevole.


Tutto questo, diciamo, per una persona neghittosa che prova fatica anche ad alzare il telefono per ordinare una pizza, è altamente stressante. Ripetete con me: Zuckerberg, localizza tua sorella.






giovedì 17 gennaio 2013




Rigore e pazienza, pazienza e rigore. Certo.
Come avete potuto tranquillamente notare, sono due delle peculiarità che proprio non mi appartengono. Ma nemmeno lontanamente. Sarà che non aggiorno il blog da due mesi, sarà che nel frattempo ne ho viste tante, ascoltate tantissime, fatte meno. Ma qualcosina sì.
In ordine.


  • sono andata a Torino. Film Festival, vecchi amici, vecchi colleghi, vecchie speme e solita, goffa e informe realtà. 
  • ritrovato la sigaretta elettronica. Non era persa. Era nascosta sotto il sedile del passeggero. Auto che, in un momento di follia igienica, ho scelto di pulire. Dopo mesi sei/otto d’incuria. Ho così riesumato la sigaretta elettronica, quattro forcine, una mini sd, due accendini non funzionanti, un pacchetto di chewing-gum, un evidenziatore secco e così tanto tabacco da poterlo rivendere alla philip morris. Quello che è importante da sottolineare è che la sigaretta elettronica è ormai inutile, avendo ripreso a fumare come una ciminiera in attività. 
  • continuato ad andare in piscina. Superata la frase “donna inchiavabile”, ho cambiato corso e adesso nuoto in una piscina nascosta, senza spettatori, senza nessun altro se non l’insegnante e altre 6 papere a bagno. Non ho smesso di bere, mangio forse più schifezze di prima: ma almeno il culo non lievita. Mi pare.
  • capito il mio limite. Insomma, c'è chi non può concepire le scarpe senza la borsa abbinata, chi i maccheroni senza il formaggio (ok, è evidente che abbia fame, all'una di notte, ma sempre fame), chi un sano sfogo sessuale senza la successiva sigaretta, eccetera. Io, niente di tutto questo. Ok, si può imparare, siamo tutti d'accordo. Ma, quello che davvero in anni di travaglio e giramenti vorticanti di palle non sono mai riuscita a fare, è stato accettare la frase "me ne farò una ragione". Un amico, in questi due mesi lunghissimi, raccontandomi le sue divertenti avventure sentimentali ha detto la frase - e con un candore da non credere - "beh, se non lo lascerà, che problemi ci sono? Me ne farò una ragione". Ecco, io sono rimasta di stucco. Giuro, di stucco. Perché c'è gente - gente sana di mente, senza turbe psicologiche gravi o particolari disfunzioni sentimentali - che riesce ad accettare la fine dei legami d'amore senza trascinarli per giorni, mesi, anni, o direttamente per sempre. C'è una ricetta, un procedimento da seguire, un santo a cui appellarsi? No, nel senso, se ci fosse fatemelo sapere.
  • imparato a volermi più bene. Ahah scusate, non ho resistito, nelle lunghe liste una puttanata ci sta sempre benissimo. Non me ne vogliate.
  • due mie care amiche hanno partorito. Quando qualcosa che prima non c’era, ma che ti è cresciuta dentro per nove mesi - e più - e che adesso ti sta tra le mani, e che ha un peso specifico, che occupa uno spazio nel mondo e per il mondo, che ha un viso da toccare, un corpo da coprire, una purezza da proteggere, ecco, lì cambia tutto. Immagino che il mondo ti muti di prospettiva, che gli auguri e le speranze che hai sempre rivolto a te stesso ora siano totalmente inutili, secchi, vuoti come un guscio. E immagino che tu possa solo fare una cosa: muoverti. Perché il tempo non aspetta, l’imparare a essere un buon genitore non è scritto da nessuna parte, se non sulla pelle e negli occhi di tuo figlio. E allora preghi per fare le scelte giuste, per saper amalgamare la pazienza e la severità. Per dare a lui quello che ti sei negata, per trasmettergli l’amore per il rispetto e l’umiltà. Per insegnargli a capire che, prima di un genitore, sei un essere umano, che può sbagliare, piangere, sentirsi difettato. Ma il cui amore non sarà mai insufficiente. Per donargli la capacità di ridere, di volersi bene, di ascoltare. Se stesso prima degli altri. Ecco, le mie amiche mi hanno insegnato questo. Nel silenzio dei loro gesti. 


Il perdono, per due mesi di assenza, credo di meritarmelo.