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Mi chiamo Martina. Sono oggettivamente piena di speranze. In cosa, non si sa. Poco in me stessa, molto nel futuro, troppo nel passato. Ho vissuto sei anni a Torino. Scuola Holden, poi giornalista per il quotidiano La Stampa. Attualmente sono tornata ad Arezzo, dopo sei mesi di densissima vita a Bologna. Ancora devo capire perché.

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  • Le foto su questo blog sono state recuperate da Pinterest e dal web. Nel caso conosceste i nomi dei fotografi, ditemelo. Sarà cosa gradita. Chiaramente i testi sono miei. Chi oserà rubarli / plagiarli / copiarli avrà l'immediata caduta delle dita delle mani, dei piedi, dei capelli e anche un po' di malocchio. Giusto per avvertire.

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lunedì 14 ottobre 2013

Sono mesi che parlo di figli e sono mesi che non aggiorno il blog. 
No, non c’è da preoccuparsi, i due aspetti non sono minimamente collegati.
Certo, è evidente che sia in piena età fertile, in piena tempesta ormonale che manco lo tsunami, in piena vita da quasi-trentenne-quasi-normale. Una sorta di giovane donna che non ha un equilibrio, non ha un lavoro - ebbene sì, passano i mesi e cadono le foglie, e io sono sempre qui a non fare nulla - e tantomeno una parvenza di compostezza. Sembro la potenziale eroina di una canzone di Vasco Brondi, ma cosa dico, di un libro di Franzen, ma cosa dico, di un film di Wes Anderson, ma cosa dico, della nuova stagione di Girls. 

Col cazzo.

Mi divido tra storie d’amore andate a male e curricula Europass da inviare con una serialità degna di un assassino. Tra risate e amici nuovi, cambi di armadio e cambi di pettinature, analisi del sangue e analisi della propria vita. 

È ottobre e questa è la stagione perfetta per fare i conti con se stessi. Per me il vero anno inizia adesso, in autunno, di ritorno dalle vacanze e con il cuore e gli occhi ancora proiettati verso la coda dell’estate. Quando non c’è altro da fare che un sospirone, riporre i costumi e tirar fuori i vestiti pesanti per ricominciare ad allenarsi. A correre per non sentire il freddo di una cattiva stagione sempre troppo uguale a se stessa. 

E poi. E poi le cose cambiano. Inizi a capire che l’inverno è un’occasione per lavorare su di sé, che la frenesia non è giusto averla solo da maggio ad agosto. Che il lavoro arriverà, prima o poi - mese più, mese meno, tanto sono anni che sono nel limbo della disoccupazione occupata - e che gli amori falliti sono niente più che lo specchio di bancarotte personali. Che ripartire da se stessi non è così male, basta avere intorno amici stupidi e insostituibili e dentro la sicurezza di potercela fare. Che continuare a pensare di poter scappare all’estero è una stronzata da diciottenni, e se non l’hai fatto allora, adesso è totalmente inutile. Che piangersi addosso è passato di moda insieme alla ciniglia. Che la cura per tanti piccoli drammi quotidiani è una sana risata a bocca aperta, e anche l’alcool certo. Sotto forma di White Russian al momento, insomma inizia a far freddo e il cetriolo lo relego all’estate (sarà bene specificare, intendo il cetriolo come decorazione per il Moscow Mule. Maniaci.)


Capisci anche che ci sono tante passioni che potrai far finta di ignorare e abbandonare per anni, ma torneranno sempre. Che sarà inutile dare la colpa alle scuole frequentate, alla città priva di stimoli, alla rovina dell’editoria, agli alieni, all’invasione di cavallette. Perché sai benissimo che il senso di fallimento per non scrivere più è tuo, e tuo soltanto. Non ci sono scuse che tengano. 
Poi arrivano certi amici nuovi. Così nuovi che ancora hanno il cartellino, che vedi come fantastici ma ancora devi capire dove collocarli. E sono proprio loro che ti consigliano di riprendere a scrivere, di non fare stronzate e di continuare. Con così tanta semplicità da farti vergognare per aver smesso.

Insomma, ottobre è a metà e il mio anno personale è appena iniziato. 
Niente figli, no. Prima c’è da capire come curare me stessa. Mi pare di avere appena imparato a camminare, e di strada ce n’è da farne parecchia. Fatemi trovare un po’ d’acqua, ogni tanto.


Oddio, anche un cocktailino non sarebbe male. Va bene smetto, d’altronde è solo lunedì.




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