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About Me

La mia foto
Mi chiamo Martina. Sono oggettivamente piena di speranze. In cosa, non si sa. Poco in me stessa, molto nel futuro, troppo nel passato. Ho vissuto sei anni a Torino. Scuola Holden, poi giornalista per il quotidiano La Stampa. Attualmente sono tornata ad Arezzo, dopo sei mesi di densissima vita a Bologna. Ancora devo capire perché.

Disclaimer

  • Le foto su questo blog sono state recuperate da Pinterest e dal web. Nel caso conosceste i nomi dei fotografi, ditemelo. Sarà cosa gradita. Chiaramente i testi sono miei. Chi oserà rubarli / plagiarli / copiarli avrà l'immediata caduta delle dita delle mani, dei piedi, dei capelli e anche un po' di malocchio. Giusto per avvertire.

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domenica 27 ottobre 2013




È domenica, è scattata l’ora solare, il tempo è più grigio della ghisa e sono in modalità “non riuscirete mai a scrostarmi dal letto” dopo l’ennesimo weekend tra amici. Vodka. Discorsi seri. Gente importante. 

Ho una felpa vecchia di almeno dieci anni e il cappuccio tirato sopra la testa, ancora - o già - il pigiama (sono solo le 18, più o meno), i calzini di lana e il piumone che inizia a somigliare alla cuccia di un cane per tutte le cose che ci faccio: ci mangio, bevo, dormo, scrivo. 
Questa breve parentesi trash per farvi comprendere la mia situazione quando penso alla sfilata di moda cui sono costretta a partecipare ogni stracazzo di weekend che scelgo di trascorrere per le ridenti viuzze del centro storico.

Arezzo è una città media. Media città nella media Italia, in una posizione media tra nord e sud. Medie le possibilità che ti fornisce, medi gli spazi di divertimento e socializzazione.
Ma se c’è una cosa in cui eccelle, no, non è l’oro o l’organizzazione di festival (Arezzo Wave, pardon Italia Wave non esiste più, quindi fatevene una ragione). No. Eccelle nello sfornare sbarbini e sbarbine vestiti di tutto punto come se dovessero recarsi al matrimonio di William e Kate. 

Io, a questa generazione nata negli anni 90, per cui i capelli lunghi e vaporosi e i rossetti rossi e i tacchi 15 e le borse di marca e i vestiti d’alta moda e i pantaloni acqua in casa e il ciuffo alla Pattinson e le giacche dal risvolto alzato sono un dogma, ecco, io vorrei insegnare solo una parola.

CHITTESENCULA.

Esci il venerdì sera per un aperitivo e la tua unica preoccupazione è che non ci sia umidità altrimenti ti si scompiglia la piega? Chittesencula.
Stai seduta sugli scalini della piazza e assumi una posizione innaturale solo per mostrare le scarpe dal tacco argenteo e le lunghe gambe abbronzate dalle lampade? Chittesencula.
Parli che sembri una papera per mettere in evidenza le labbra, muovendo muscoli facciali che il 99% della gente comune non sa neppure di avere? Chittesencula.
Ti ritrovi con i tuoi amichetti dal pantalone stretto a rischio sterilità per osservare quante persone possano notarti? Chittesencula.
Esci con il buio e, nonostante questo, indossi gli occhiali da sole per avere più carisma e sintomatico mistero (cit.)? Chittesencula.

Ecco, avete capito.
Vivere in una città dove le persone più giovani sembrano uscite da Vogue ha del difficoltoso. 
Soprattutto se io i tacchi li ho, ma sono tutti bene in ordine vicino alle scarpe della mia infanzia, immersi in litri di formalina. Se io le borse le compro al mercato e a farmi i capelli ci vado se va bene una volta all’anno. 

Bisogna curare quello che c’è sotto, vorrei dire a questi giovani.

Per dire, io i soldi che ho li spendo in lingerie di pizzo. 
Sopra una stracciona, ma sotto eleganza.


Sempre che non si parli di pigiami.




1 commento:

  1. Ma anche chisselincula. Sono minoranza, malgrado le apparenze, oltre che minori (in ogni senso). Non vedono. Non si vedono davvero. Non esistono.
    Luigi

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